giovedì 10 settembre 2009

Presidente senz'anima

Dispiace molto parlare nei termini di seguito circa il nostro Presidente della Repubblica, ma quel dono che ci viene dalla Resistenza chiamato libertà mi esonera da ogni scrupolo reverenziale. Mi permette, insomma, di pensare che siamo in presenza del peggior presidente della Repubblica da quando ho memoria (diciamo dall’ultimo Cossiga in poi). Egli rappresenta l’Italia, è vero, ma in una maniera assolutamente indegna, se è vero come è vero che nulla, del suo operato, sta andando in senso per così dire costituzionale. Sembra, al contrario, un pavido sostenitore della Pax istituzionale che ingoia ogni tipo di rospo pur di non turbare il manovratore. Chissà per quale recondito motivo, poi. Siamo in presenza, ormai da quindici anni, di una progressiva demolizione dell’apparato statale, inteso non in senso burocratico-amministrativo, piuttosto in senso giuridico-politico. Secoli di evoluzione dottrinale e filosofica, una guerra civile e qualche milione di morti ammazzati non bastano a Napolitano per metterci la faccia e chiudere, finalmente, la sua stagione del “dialogo” per aprire quella di una nuova Resistenza. Resistenza contro un nemico subdolo, delinquenziale, culturalmente mediocre e umanamente ripugnante.

Le “ultime” uscite del presidente hanno lasciato un gusto amarissimo in bocca. Da quel vile e maligno attacco al GIP Forleo che osò rispettare una legge scritta dai parlamentari per ottenere il permesso soltanto di indagare su cinque di loro, passando per la pilatesca indifferenza nei confronti del boicottaggio del CSM, di cui lui è presidente, a danno della procura di Salerno che aveva assolto, secundum legem, il PM De Magistris cui i suoi superiori di Catanzaro e il cosiddetto ministro Mastella avevano tolto i fascicoli dalla scrivania per poi cacciarlo illegittimamente. Passando per un’incomprensibile assenza di posizione sulla cena fra due membri della Consulta e il premier, oggetto nemmeno indiretto del Lodo Alfano la cui costituzionalità sarà valutata anche da quei giudici – con quale franchezza di giudizio, solo Napolitano lo sa. Passando ancora per il mancato rinvio alle camere di quel criminogeno decreto-sicurezza che andava abbattuto senza pietà e non spettinato col buffetto della letterina di fine anno al maestro, per finire con le ultime, vomitevoli uscite sulla percepibile – solo dal presidente - fiducia dei terremotati verso le istituzioni e la retorica, tediosa e vuota omelia indirizzata a quello stesso CSM in merito all’excusatio non petita del sempiterno premier riguardo le nuove indagini delle procure di Milano e, soprattutto, Palermo. Che poi, bugiardo o drogato qual è, ha confuso con quelle di Firenze e Caltanissetta.

Una serie destinata a impinguarsi sempre più intensamente per terminare, di grazia, nel lontano, lontanissimo 2013. Non me ne voglia, il presidente, ma lo credevo uomo determinato nella difesa di valori di cui si è sempre professato baluardo. I costituzionalisti più eminenti del paese insegnano che il dover essere “super partes” non equivale, non può equivalere a “silenzio”. Non può significare difesa del più forte che tutto può, perfino assolversi da solo per prescrizione. Non può voler dire accettazione supina del destino cinico che ci ha condannato a un governo di arroganti, ignoranti imbroglioni. La Carta di cui lui è garante, costata al nostro sconcertante popolo un agghiacciante bagno di sangue, afferma con forza la sua stessa intangibilità e la sua supremazia financo su di un miliardario, mi si perdoni il gioco, da quattro soldi.

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