martedì 17 novembre 2009

Il senso di Bersani per lo sport

Questo fantastico mondo del PD, come lo ha argutamente definito qualcuno su questo blog, non finisce di stupirci. E' una specie di Egidio Calloni, celebre attaccante che non ne azzeccava una nemmeno a porta vuota, come narra la leggenda alimentata dalla sferzante Gialappa's Band negli anni novanta con la rubrica di Mai Dire Gol, "Questo lo segnavo anch'io".

Il Partito della Libertà su prescrizione - dei reati o del processo, il risultato è lo stesso - continua a sfornare assist al bacio, infognato com'è nell'insipienza tout court dei vassalli ebeti del feudatario, e il Piddimenoelle - Grillo docet - calcia fuori a un metro dalla porta.

Il cosiddetto centro-destra non si presenta in massa alla votazione sulle pregiudiziali di costituzionalità dello scudo fiscale, in pratica il difensore centrale scivola mentre stacca per colpire di testa, e il PD liscia il pallone, mancando nei suoi elementi più rappresentativi, compresi il grande D'Alema, il Prode Franceschini e Shadows & Fog Bersani. Capovolgimento di fronte e 1-0 a favore del PdL, che le occasioni le sfrutta eccome.

Qualcuno a destra si dichiara favorevole al riconoscimento dell’aggravante della discriminazione sessuale quando certi reati sono compiuti contro i gay proprio perché tali. C’è da decidere ancora su queste benedette pregiudiziali di costituzionalità, che interessano sempre tranne quando la Costituzione viene stravolta. Basta che il PD si presenti compatto e il disegno di legge tornerà in commissione per essere ridiscusso e poi ripresentato e votato. Praticamente basta che i giocatori non litighino in campo invece di correre. E Cilicia Binetti, presente nel PD perchè il partito è "plurale", tira verso la propria porta la sua rabbia, e fa autogol.

Bersani vince le elezioni primarie e diventa segretario di questo singolare partito. Si dice che sia l’uomo ombra di D’Alema, si dice e si pensa, perché è vero. Lo sanno tutti, compresi gli avversari Franceschini e Marino che infatti lo sfidano anche perché non si fidano del lider massimo. Baffo d’oro, quello dell’affitto a 14.000 lire al mese, della guerra in Kosovo, della caduta di Prodi Uno, dell’inciucio con Cossiga, della scalata alla Consorteria Unipol e dell’immunità chiesta e ottenuta dal Parlamento Europeo che gli ha evitato non un processo, ma un semplice rendez vous con Clementina Forleo, l'ex GIP di Milano che per colpa di una legge votata anche da D’Alema ha dovuto chiedere ai suoi compari continentali il permesso di indagare su di lui, altrimenti lo avrebbe fatto motu proprio. Quello che ti sorride mentre ti parla di NEP e piano quinquennale per distogliere la tua attenzione dall’orifizio entro cui inizia a spingere il suo fallo. Non lo vuole nessuno, ma lo pigliano tutti. L’occasione sarebbe d’oro. Basterebbe, una volta votato Bersani e pazienza, emarginare lo psicobaffo. Almeno non permettendogli di tornare a rompere i maroni in Europa, dove non ha fatto nulla perché il parlamentare italiano in Europa, per definizione, non fa nulla, tranne scaldare la poltrona. A livello politico, però, quella poltrona basta e avanza, agli occhi del PdL, per trasformare il PDmenoL in pedina di scambio. Tutti compatti, stavolta sì, a insistere su di lui, perché il pacifista di questa minchia è l’uomo più indicato - non si conosce il motivo - a ricoprire il PESC, da tradursi con ministero degli esteri dell’Unione Europea.

E allora? Ci arriviamo. Bocciato il lodo Alfano, svanite le ultime speranze di ribloccare il processo Mills e quello Mediaset, Niccolò Primo il Riformabile inventa dall’oggi al domani una favola che se Esopo fosse vivo, gli chiederebbe le royalties quantomeno per l’idea. “Bene, devo salvare il mio capo, azzero tutti i processi, anzi no. Tutti sarebbe troppo, facciamo i più gravi, quelli meno gravi possono pure durare un ventennio, tipo quelli per il reato – contravvenzionale – di immigrazione clandestina per far contenti quei beoni bergamaschi che dieci anni fa davano del mafioso al mio povero cliente. Non capisco perché, visto che quelli, i negri non ce li vogliono proprio in Italia. Che cazzo li processiamo a fare così a lungo se poi li cacciamo? Mah…”

Vabbè, dicevamo che l’ennesimo assist di una squadra un po’ ubriaca giunge fra i piedi del PD. Coadiuvati dagli utenti della rete, che in pochi giorni organizzano per il 5 dicembre il No B Day in protesta contro il satrapuccio brianzolo, basterebbe che i Piddini alzassero la mano a dire “presente”. Di Pietro li invita, con urla incessanti, ad accorgersi che il pallone sta rotolando docile in porta. Basta spingercelo. Sembra una partita di Holly e Benji, dove l’azione dura fino alla settimana prossima. Flash back a ripetizione mentre il neo segretario si gira per calciare, una puntata intera a ricercare nella memoria il movimento giusto. Poi arriva il martedì, il racconto riparte e Bersani risponde piccato a Di Pietro: “non accettiamo lezioni”. Ma come? Quali lezioni? Basta andare in piazza a dire che il partito è d’accordo coi manifestanti, che un premier degno del nome, come Olmert, si è dichiarato orgoglioso di appartenere a un paese – Israele - in cui anche il premier può essere indagato come un altro cittadino, basta ricordare allo psiconano che per salvare lui, migliaia di parti civili depredate degli affetti, dei risparmi o della dignità verrebbero inculate per la seconda volta e per sempre, magari fosse col diamante De Beers!

No, lui non accetta lezioni e invece di spingere in porta consegna la palla al portiere. Non è giusto segnare così. Sportivissimo, non c’è che dire.

E allora, parlando di sport, ci giochiamo le palle – anche perché il di dietro è andato – che in cambio di questo tracotante niet (sarebbe troppo appoggiare una manifestazione indetta non da un partito, ma dalla società civile, vero Samuele? Ah, scusa, Pierluigi?) – i peones analfabeti del cosiddetto centro-destra spingeranno il loro, di fallo, nel candido culo d’Europa facendo conoscere ai tedeschi la caratura tecnica di Massimo D’Alema? Quello che detiene il record di autogol in serie A. Ne farà molti anche in Champion’s, ne siamo sicuri.

mercoledì 11 novembre 2009

Scendi da quella croce!

E’ sempre difficile parlare di Cristo, se non altro perché era un uomo un tantino diverso dagli altri e capace di gesti a dir poco strani. Si pensi solo al fatto che, dotato com’era del potere di scendere dalla croce su cui era stato ingiustamente inchiodato per delitti mai commessi, non solo non chiese al padre di scendere, ma perdonò chi l’aveva condannato. Gente a cui lui dava fastidio perché ne aveva smascherato l’ipocrisia da “sepolcro imbiancato”, splendido fuori e putrefatto dentro. Ovviamente non parliamo di Ponzio Pilato, che anzi pare avesse riconosciuto l’innocenza, o meglio l’innocuità, in lui, né dei romani in genere, ma dei vari scribi e farisei, i religiosi del temp(i)o che, grazie a lui, sentirono il potere vacillare e le mura di Gerusalemme pericolosamente scricchiolare non di violenza, ma di uguaglianza. Lui, con questa gente, non scese a patti per salvarsi. Preferì la croce all’abominio di una religione, oppio delle genti ignoranti e sobillate da predicatori violenti e sanguinari, disposti a lasciar morire un uomo in nome del sabato.

Il nostro agghiacciante paese, tanto popolato da menti superbe quanto da minus habens di prim’ordine, è l’unico al mondo – facciamo al mondo occidentale - che si è assoggettato a una Costituzione nella quale è previsto espressamente un trattamento di favore per la religione (si badi bene, religione: quella di cui sopra) cattolica, espressione, a sentire i cattolici, del messaggio evangelico di Cristo. Il famoso Concordato, di ducesca memoria e craxiana revisione, è innalzato a legge costituzionale dall’art. 7 della Carta Suprema che stabilisce che “Lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.

Secoli di potere temporale, inframezzati dalla brevissima parentesi, 1870-1929, in cui Roma fu Caput Italiae e basta, hanno evidentemente stimolato l’appetito degli uomini di Dio, determinati più che mai a svuotare di significato le leggi del nostro stato e, quel che è peggio, l’unico comandamento a noi lasciato da Cristo, che ripose nel solaio le Tavole della legge di Mosè per invitarci a un amore vicendevole come il suo per noi. Nulla di più, anche perché di più ci sarebbe solo Dio, per l’appunto. Agli uomini di Chiesa quel comandamento sfugge come la cenere di una sigaretta al portacenere, a tal punto che le parole, strumenti convenzionali per definire un concetto e distinguerlo da altri, vengono accuratamente svuotate di significato come quel dettame cristiano. A tal punto che Beppino Englaro diventa un “assassino” mentre George W Bush, in qualità di “democracy exporter” o, meglio, di “peace keeper with bombs”, viene gentilmente invitato a sedersi in prima fila mentre il buon cardinale Ratzinger officia l’ultimo saluto a Carol Wojtila.

Questi signori sono i successori di Cristo, e anche se può apparire una barzelletta, non lo è. Il problema ci riguarderebbe solo di sfuggita se questa gente, in ossequio all’art. 7 Cost., si limitasse a esprimere un punto di vista personale o, al massimo, dottrinale, su ciò che accade in altri paesi e su come gli altri paesi legiferano a proposito di un particolare problema.

Quando, però, nell’invocare l’art. 7, i cosiddetti sacerdoti di Dio istigano puntualmente a violare altri e più rilevanti principi – più rilevanti perché si riferiscono a tutti, e non solo ai cattolici - , allora il problema ci riguarda direttamente. Venendo al punto, e sarebbe pure ora, non tornano proprio i recenti grugniti dei rappresentanti legali della Sancta Mater Ecclesia s.p.a.e.o. (società per azioni e omissioni), gli ineffabili Card. Bertone e Mons. Bagnasco, a proposito del benedetto crocifisso da appendere o meno sui muri delle scuole. Non tornano a chi, credente o meno, rivendica diritti di per sé sacrosanti e reclama solo il rispetto della costituzione, dal momento che io posso finire in galera o essere costretto a risarcire qualcuno in base alla legge italiana, non al diritto canonico. Non tornano, se i grugniti in questione sono accompagnati, pochi giorni dopo, da starnazzamenti vigliacci e istigatori degli stessi ineffabili monsignori.

Sono d’accordo con chi, come Travaglio, sostiene che quel crocifisso, lungi dal rappresentare un simbolo “inoffensivo” come Bersani vorrebbe – inoffensivo?! Come un poster di George Clooney?! – significa esaltazione del bene sul male, della pace sulla guerra, della solidarietà sulla prepotenza, dell’uguaglianza sulla discriminazione. Sarei d’accordo con tutti quelli che l’hanno difeso dopo la sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea, perché è un simbolo di pace che non può, per sua natura intrinseca, recare pregiudizio a musulmani ed ebrei, che addirittura riconoscono Cristo come un grande profeta. Cristo non discrimina nulla. Al contrario, esalta l’amore per il diverso.

Ma com’è possibile, allora, che proprio coloro che ne dovrebbero trasferire in terra il messaggio e quell’unico, immenso comandamento, prendano la palla al balzo per bussare a danari, rinnegando la sfuriata di Gesù che, costernato di fronte al mercimonio del sacro tra le mura del Tempio di Gerusalemme, dette di matto e iniziò a rovesciare i banchetti degli usurai e dei mercanti che utilizzavano un luogo di preghiera a scopo di lucro?

Come si può senza colpo ferire accogliere la richiesta esplicita, un’istigazione nuda e cruda a violare la legge, spudorata e vomitevole dell’altrettanto ripugnante mons. Bagnasco al governo italiano di non tagliare in finanziaria i fondi alle scuole cattoliche? Ci si dimentica, forse, che oltre all’art. 7, la Costituzione prevede pure, all’art. 33, che gli enti possono costituire istituti scolastici privati, “senza oneri per lo stato”?

Perchè gli uomini di Dio decidono di sostenere un governo nazionale senza muovergli un appunto che sia uno, se non un lievissimo rimprovero – peraltro di un laico puntualmente scaricato - su alcune stravaganze sessuali del premier? Perché gli dice “bravo”, quando in barba a una sentenza definitiva della Cassazione si affretta a scrivere, come solo un cane randagio saprebbe fare, un decreto contra personam atque sententiam (alias decreto-Englaro)? Perché gli dice “ben fatto” quando ricorre contro la sentenza della Corte Europea di giustizia a proposito del crocifisso, ma non gli dice “pessimo!” quando costringe i cittadini italiani a pagare le centinaia di migliaia di euro di penale al giorno che l’Europa ci ha inflitto perché l’Italia non manda Retequattro sul satellite, annientando gli esiti di una gara a evidenza pubblica perfettamente legittima vinta da Europa 7? Forse perché, non pagando l’ICI sugli immobili destinati a uso commerciale e cagionando una mancanza all’erario di circa 400 milioni di euro, l’antitrust europeo indaga anche sul Vaticano e allora l’Europa è, per tradizione, anti-cristiana? Perché gli dice “ottimo!”, sempre al governo, quando ricorre al Consiglio di Stato per difendere la rilevanza, a fini di punteggio scolastico, dell’ora di religione, e non gli dice “vergognati!” quando taglia i fondi alle scuole e pone sul lastrico gli insegnanti delle altre materie, mentre quelli di religione sono tutti “di ruolo”? Perché il card. Ruini, con Wojtila malatissimo, giunse a consigliare i potenti del mondo a sconfiggere “assolutamente il terrorismo”, ma non dice loro “delinquenti!” quando decidono di movere una guerra disumana e crudele, che provocherà decine di migliaia di morti innocenti, e che l’ex papa aveva già bollato con quel disperato “Mai più la guerra!”. Perché chi abortisce viene scomunicato “ufficialmente”, mentre al mafioso la scomunica ufficiale “non serve”? Deve abortire, Riina, prima che gli sia vietata la comunione? Perché la mafia è fuori dalla Chiesa, ma né Ratzinger né Bertone si premurano di verificare chi sia quella strana famiglia calabrese che chiede la loro benedizione per il matrimonio fra Caterina, figlia del boss della ‘ndrangheta Pasquale Condello, e Daniele Ionetti, figlio di Alfredo, ritenuto il tesoriere della cosca, e la benedizione giunge puntuale? Perché la ragazzina che abortisce dopo essere stata stuprata è l’oggetto dei loro anatemi, ma il prete che l’ha stuprata viene protetto dalla legge con la porpora?

Perché il nostro cristiano, cattolico, miserabile paese permette tutto ciò? Perché Cristo non scende, stavolta, da quel benedetto crocifisso e inizia a sradicare i banchi di San Pietro, come fece quel giorno al tempio?

sabato 31 ottobre 2009

Il monaco si fa il suo abito: proposte politiche per Halloween.

Alcune proposte agli amici per i vestiti da indossare la notte delle streghe. Come se a noi in fondo in fondo importasse qualcosa di questa festa. Ecco cosa (non) si fa per ammazzare il tempo:

- Giovane berlusconiano uscito dai Circoli della Libertà:
Vestito in doppiopetto. Molto Elegante. Fianchi e testa leggermente swinganti in segno di perenne disapprovazione contro le politiche socialiste del governo. Ulteriore disapprovazione e imbarazzo quando si scopre che il governo in carica è quello amico. Comunque è sempre colpa della cattiva informazione. Ulteriore disapprovazione e imbarazzo quando si scopre che la stampa è praticamente in mano al governo amico, nonché in carica. Disapprovare mentendo tutto.
Successo con le donne e con gli amici, che vi stringeranno la mano.

- Intellettualoide di Sinistra Radical-chic :
Pantaloni di velluto con le toppe, giacca di cachemire, sotto maglioncino a collo alto, occhialini con montatura proletaria, sigaretta, caffè, l'Unità degli anni '50 sotto braccio. Lamentarsi della repressione in ogni momento, e dire che il capitalismo doveva crollare duecento anni fa, è vero, ma la repressione borghese di Polizia e Magistratura hanno fermato la rivoluzione spontanea e socialista.

in alternativa: extraparlamentare di sinistra old style: dice le stesse cose ma con un linguaggio più triviale, è vestito con il pesante eskimo, la sciarpa rossa e tiene sottobraccio il libretto rosso di Mao

in alternativa: extraparlamentare di sinistra new style: maglietta del Che Guevara, giacchetta della North Sail o similia, sassi in tasca. Molti. Se si viene picchiati dare la colpa al capitalismo.

Solo il primo genere conquista molte donne, perchè è l'unico dei tre radicali che non si presenta con il volto tumefatto.

- Dittatore Africano:
Pitturarsi la pelle di nero. Parlare in linguaggio nero. Farsi corrompere e dare la colpa agli occidentali colonizzatori assassini. Portare uno schiavetto con sé che cosparge la strada di petali di rosa. Divertente appunto in coppia. Ottimo per un Halloween all'insegna dell'antirazzismo.

- Fascista cattolico:
Elegante ma senza esagerare. Raparsi la testa e cominciare a mangiare da molto molto prima di Halloween. Svasticozza tatuata nel polso, in vista solo quando si saluta. Il saluto romano è fuori moda quindi far finta solo di essere abbagliati da un intensa luce.
Rosario nel taschino. Scuotere sempre la testa in segno di disapprovazione contro i comunisti. Il neofascista moderno è ignaro che uno degli obbiettivi del fascismo era sconfiggere la plutocrazia e che le stronzate sul comunismo sono di matrice americana da guerra fredda. Per questo ostentare il diploma di terza media ottenuto con "sufficiente". Prova che tutti complottano contro. Successone con le donne assicurato.

- Truzzo:
Una mascella finta in marmo da tenere su con un apposita protesi e raparsi la testa aiuterà nell'immedesimarsi. Parlare molto di musica da discoteca e non dimenticare il bomber. E' opportuno, per risultare più credibili, non conoscere più di 50 parole, articoli e preposizioni incluse. Bestemmiare a tratti. Successone con le donne assicurato solo se conoscete bene Uomini e Donne. Per questo travestimento è necessario anche allenarsi almeno una settimana prima con quiz sul Grande Fratello.

- Punkabbestia:
Un cane rimpinzato di pasta e con qualche goccetta di lassativo aiuta ma non basta. Guinzaglio in pelle. Giacca in pelle. Pantaloni in pelle. Scarpe anfibie (attenzione alla cacca dei cani). Immancabile cresta colorata. Inveire contro Cofferati, anche se si abita a Monza.

- Cattobuonista di sinistra:
Vestire normalmente, qualche panno liso addosso è sufficiente. Un vangelo e un rosario tascabile costituiscono parte integrante del costume. Può risultare abbastanza anonimo ma un elogio a Fransceschini svelerà la sorpresa di Halloween.

lunedì 26 ottobre 2009

Il fantastico del mondo del Piddì

Di quali virtù siano stati dotati i candidati del PD per affrontare le primarie non si sa: il dalemiano, il cattobuonista, il laico? Inutile cercare di appiccicare aggettivi per far assomigliare il PD ad una boyband. Mancherebbero le ragazzine urlanti. Dopo l’esperienza mistica delle Primarie del Partito Democratico, Bersani ha conquistato lo scettro. Gli elettori lo hanno premiato democraticamente, parola che va detta, che fa molto "politicamente corretto".

Forse Bersani ha vinto perché ha avuto l’impressione che l’opposizione stesse perdendo i pezzi e ha interpretato al meglio i sentimenti dei votanti, che si sono infilati i jeans e sono scesi nei gazebo e nelle scuole, forse ben volentieri. La magia del cambiamento alimenta sempre tutti i popoli, che nell’ignoranza della massa hanno sempre creduto che i cambiamenti siano sinonimo di miglioramenti. Ma perché il PD non potrà raggiungere, volente o nolente, nessun cambiamento? In questi anni le Sinistre europee hanno compiuto un percorso de-ideologizzante, ma non hanno mai rinunciato a fare le opposizioni. Idem le destre europee, che non hanno mai flirtato con conflitti d’interessi, falsi in bilancio, attacco alle Istituzioni, mafiosità vantate. Quanto meno perché la destra è stata sempre “legge e ordine” e “libero mercato”, in tutte le sue sfumate declinazioni. Berlusconi, d’altronde, nel 1994, come ha notato Corrado Guzzanti, si è messo a Destra perché a Sinistra c’era troppa gente, e quando uno vede a sinistra la tripla fila e a destra il parcheggio libero sa dove mettersi per non avere rogne e non prendere la multa.

Questi percorsi dei partiti e delle coalizioni sono stati lo specchio delle volontà dalla società civile, che ha visto fallire prima i totalitarismi e poi le vecchie classi politiche. Chi non si rinnova muore, ma non basta un segretario per rinnovare un partito che nasce dalla fusione di post-comunisti che fanno a gara a chi più si rinnega, e cattolici che fanno della demagogia spicciola dei buoni sentimenti il loro programma politico. O il PD decide di diventare una socialdemocrazia, un partito laburista, nello Statuto, nelle intenzioni, nei comportamenti, o è spacciato. Purtroppo un programma politico e la mentalità per essere un partito di governo che si inserisce in uno Stato non si trapianta da un giorno all’altro. Non può bastare mandare ad esempio Bersani in un campo di concentramento socialdemocratico ad essere rieducato. Servono gli elettori e la mentalità. L’Italia, da sempre anarchia partitocratica, non è pronta a questo slancio. E il berlusconismo si è inserito nei vuoti che nessuno ha saputo riempire. E ce lo godremo ancora a lungo.

Dal lontano passato i nomi sono cambiati, le passioni non sono più le stesse. Ma resta la tragedia, mentre aumenta il lato comico. Peccato per alcuni nostri nonni, cresciuti con le diatribe acerrime ma rispettose di Don Camillo e Peppone e che ora non possono osservare l’ultima battaglia apocalittica: tra Don Abbondio e Don Lurio.

venerdì 23 ottobre 2009

Il Sicario sfigato

Ci sono uomini chiamati sicari, perché di mestiere uccidono su commissione il nemico di chi li paga. Non sono simpatici né antipatici, lavorano e basta. Riservati, freddi, praticamente anonimi. Questi sono la regola, poi esistono encomiabili eccezioni, perché alcuni di loro ostentano un’insospettabile umanità. Alcuni sono timidi e quasi trema loro la mano sul più bello, alcuni sono anche emotivamente instabili – come Savage della “Pallottola spuntata 2 e mezzo”, quello che si mette a fare il controcanto alla donna di Leslie Nielsen che si sta docciando mentre carica il silenziatore alla pistola. Si dimenticano di procedere perché navigano di fantasia, spulciando fra i ricordi dell’infanzia. Quando la polizia li bracca, in cambio della libertà degli ostaggi pretendono viaggi in Giamaica non in villaggi turistici, ma in località davvero giamaicane, sì da assaporare la loro tradizione e la loro cultura.

Il vice-presidente della Camera Maurizio Lupi appartiene a quest’ultima categoria di sicari. Ogni due tre settimane, il Partito delle Libertà lo incarica di far fuori in diretta Marco Travaglio durante Annozero e lui, animo nobile, ciellino, cattolico e profondamente umano, non ci riesce mai. Si fa prendere la mano dall’emozione. Lo studia, ne carpisce le parole per trovarne una su cui caricare il silenziatore, poi fa fuoco e, come un boomerang, la pallottola gli torna indietro. Un misto di Savage e Fantozzi.

Una sera (26 marzo 2009), passata alla storia per coloro che non dico amano, ma stimano Marco Travaglio, dopo il sermone di quest’ultimo durante il quale si era fatto il nome di una società edilizia condannata insieme al suo amministratore – costruttori di Villa Certosa, una a caso - per abusivismo, Ugo Savage Lupi ha difeso il mandante cercando di assassinare Travaglio, prima dandogli del bugiardo e asserendo una sua incapacità a legggere le sentenze penali. Poi andando nello specifico, affermando che, per il capo d’imputazione rubricato alla lettera b), gli imputati erano stati assolti nel merito. Dimenticandosi, ovviamente, qualcosa come altri dieci o undici capi di imputazione per i quali l’assoluzione era dovuta a concessione in sanatoria o a intervenuto condono edilizio, recante la firma dell’abusante abusivo che nel contempo era capo del governo. Ovviamente Travaglio ha replicato, gettando il povero Ugo Lupi von Savage nella disperazione, ben percepibile nella controreplica secondo la quale “è stato assolto per il reato ambientale, che è il più grave”. Dieci reati ulteriori, tutti abusi edilizi, non contano nulla.

Dopo varie esperienze del genere, connotate tutte da pallottole sparate a bruciapelo che colpivano un ostacolo e rimbalzavano come palle matte, sembrava doveroso, per il PdL, prepensionare questo buon uomo fatto sicario a causa di un evidente error in personam. Invece no. Altro che prepensionamento, Lupi è più carico che mai, e con la sua pallottola del tutto spuntata si è sacrificato per l’ennesima volta ieri sera.

Nonostante la verve, non abbiamo potuto fare a meno di notare un profondo e preoccupante decadimento nervoso, testimoniato da un costante dondolio del capo, come a dire “No”, durante gli interventi di esponenti dell’altro campo e, naturalmente, del sopravvissuto Travaglio. A un certo punto, pensate, doveva parlare Massimo Giannini di “Repubblica”, ma addirittura prima che aprisse bocca, le telecamere impietose hanno zoomato su Lupi che stava già scuotendo il capo. Tic preventivo, immaginiamo.

Al di là del nostro rammarico per le sue precarie condizioni di salute, dobbiamo raccontarvi dell’ennesimo tentato omicidio andato a vuoto. Travaglio parla come di consueto, stavolta sulle nefandezze del nuovo scudo fiscale che, oltre a garantire l’anonimato agli evasori e costringerli a pagare una tassa appena del 5% a fronte di un 49% che diventa 51% con la penale in Gran Bretagna e qualcosa di simile negli USA, permette di fatto ai mafiosi, ai narcotrafficanti e ad altre belle persone di fottere lo stato, dal momento che – reati finanziari a parte – la banca potrebbe in ipotesi chiedere loro la provenienza del danaro da riciclare, ma dal momento che pecunia non olet, non lo farà nessuno.

Lupo Fantozzi, temerario, prova a sfidare Travaglio in campo aperto, affermando che il giornalista ha detto una bugia da “irresponsabile”, quando in realtà non ha fatto altro che anticipare Lupi, la cui replica non era affatto dissimile da ciò che aveva detto Travaglio. Secondo Lupi, infatti, le banche, per reati diversi dall’evasione, possono accertare la provenienza del denaro prima di ripulirlo. La pallottola, una nove millimetri, parte radente tanto da far pensare che stavolta il colpo andrà a segno. Chi conosce Travaglio dallo schermo, sa che difficilmente sbaglia, ma se stavolta…?

No, nemmeno stavolta. Bersaglio mancato e di alcuni metri, addirittura. Perché Lupi non solo non ha fatto centro, ma ha mirato proprio da un’altra parte, senza essersene accorto. Lupi ha detto esattamente ciò che ha detto Travaglio. Solo che, a differenza di Lupi, Travaglio ha ricordato quale sarà la più che probabile conseguenza, ovvero che chi deve prendersi una valigetta con i soldi non starà a fare il petulante per sapere di che reato si sono macchiate quelle banconote. Le prende, e basta. Non solo, Travaglio agisce in riconvenzionale contro Lupi, ovvero: attaccato per essere un irresponsabile, controattacca e dimostra che l’irresponsabile è lo pseudo-killer (suggerimento per nuovo singolo dei Talking Heads): “Gliene dico un’altra: le Procure anti-mafia, grazie a questo governo, non hanno più la password per accedere all’anagrafe dei conti correnti per verificare i movimenti di capitali. Voi avete tolto l’anti-virus dal sistema e avete infilato il virus dello scudo fiscale. Questa è una legge che favorisce le mafie, e io continuo a ripeterlo perché è vero”.

Lupi, disperato, si accorge che il caricatore è vuoto, allora si arma di un bastone: “Io non devo difendere nessuno, lei deve difendere il suo posto e i soldi che prende grazie a questa caricatura che si è fatto…Ogni tanto potrebbe essere diverso, credere che di fronte a lei ci sia qualcuno che crede in ideali…”. Travaglio: “Quando c’è lei, no”. Ecco che, come sempre, la mano gli trema e l’arma se la dà in testa.

Ma perché si emoziona sempre, quest’uomo. Perché?

mercoledì 14 ottobre 2009

Lai-con al potere

A parte il parossismo che ha preso sembianze umane nella figura del premier italiano, che quando incontra guai tenta di risolverli non con gli avvocati, ma direttamente con le leggi, esiste un altro caso, ben più preoccupante, che riguarda una donna.

Questa donna, lo sanno tutti, è un'integralista cattolica, al punto che va oltre il precetto: questo impone il divieto di sesso se non a scopo - con la prima "o" aperta" - procreativo? Lei ha deciso di estremizzarlo e rimanere casta. Scelta assolutamente tollerabile, anche se, agli occhi di un edonista qualunque, incomprensibile. 

Strana donna, però. La sua scelta, è ovvio, non può che essere rispettata. Non crea danni a nessuno, non provoca dolore, non uccide vite umane. Anzi, evita che ne nascano peggiori di lei. Ma come mai, ci chiediamo noi laici, questa donna lavora sistematicamente contro chi ha deciso diversamente per sè? La sua pervicacia contro qualunque idea estranea al suo cilicio è imbarazzante. Non parla d'altro, se non di peccato, di condanna, di religione, di dogma, di morale, di punizioni divine. E'  una donna indubbiamente monotona, ma quel che è grave è che trasforma il suo tedio e quello che provoca a chi l'ascolta in infamanti votazioni parlamentari. 

Ha votato contro la legge sulla procreazione assistita, e passi. Ha votato contro i DICO, e passi anche se le sue argomentazioni - chi non si sposa è di serie B (quindi anche lei, supponiamo), le coppie di fatto non meritano diritti civili - che farebbero ribrezzo a un Ahmadinejad qualsiasi, ma a Papi Ratzinger, Dio in terra, no. Ha blaterato contro una decisione del TAR secondo cui non può ammettersi rilevanza al voto in religione cattolica in una scuola pubblica, dal momento che un musulmano, un ebreo o un ateo ha diritto a non partecipare all'ora di religione. Ha parlato di quella sentenza adoperando toni così schifosamente violenti che, se li avesse usati il Berlusca, Repubblica e Il Fatto avrebbero giustamente urlato per una settimana intera.

Ciò che rimaneva insospettabile tanto che, fino a ieri, riuscivamo a distinguere Paola Binetti da Silvio Berlusconi, oltre alle diverse tendenze morali, anche dal differente approccio alla res publica, era l'idea che la Binetti potesse adoperare il parlamento a fini personali. Ha votato, infatti, contro un disegno di legge che prevedeva, fra le altre cose, l'aggravante della discriminazione sessuale per i reati di violenza privata e aggressione. Tradotto in soldoni, anzi in Fioroni: se ricopri di cazzotti un tizio o una tizia perchè frocio o lesbica, invece di tre anni ti potresti beccare tre anni e qualche mese. 

Fin qui, tutto bene, nel senso che considerando la nostra un peccato l'omosessualità e equiparando il peccato al reato, non poteva decidere di affibbiare un'aggravante penale a un reato che, nella sua ottica, potrebbe pure avere un'attenuante. E le attenuanti, generalmente, prevalgono.

Il guaio sono, ancora una volta, le motivazioni: "Se fosse passato questo disegno di legge, io e altri che la pensano come me avremmo potuto correre rischi per le nostre idee sull'omosessualità". Traduciamo di nuovo in Fioroni: siccome io insulto costantemente i gay, se fosse prevista un'aggravante al reato di aggressione io potrei essere considerata un'istigatrice e passare i guai con la giustizia. 

Non si possono esprimere giudizi su quanto riportato sopra. Si rimane a bocca aperta e basta. Si maledice il 1929 come simbolo della fine della laicità di questo stato, così come il 1984 che ha revisionato in peggio quella fine - il bello è che i colpevoli sono due socialisti figaioli, l'impavido Duce del nostro stivale e il fu Bettino Corruttino - ma non serve a nulla. Se nel partito laico più rappresentativo esiste ancora tolleranza nei confronti di tali storture dell'umanità e si dibatte ancora sulla necessità o meno di cacciarla - un partito laico serio non l'avrebbe fatta entrare nemmeno dalla cappa, speranze non esistono. 

Nemmeno Berlusconi è arrivato a pararsi il culo prima di corrompere qualcuno. Ci ha sempre pensato dopo essere finito sotto processo. Ma almeno a lui piace trombare.


lunedì 12 ottobre 2009

Suoni dei nostri tempi

L’espressione di un pensiero perde sempre più di valore nel nostro quotidiano. Urla, schiamazzi, gente che blatera, gente che si sente in diritto di dire dovunque e comunque ciò che pensa. Voci inconsistenti che si mescolano in un’aria già inquinata tentando di acquistare volume, corpo e degenerando invece in una massa incorporea priva di calore e colore ma assolutamente presente.

Rumori, non suoni. Ma il rumore può forse essere un suono? Chiaramente lo è. Diremmo quindi che il suono della contemporaneità è il chiasso prodotto da individui che sublimano l’aria dei loro polmoni in espressioni prive di melodia e buon gusto. Un coro che con il passare del tempo sta diventando sempre più fastidioso e purtroppo nocivo. E’ il cosiddetto coro della democrazia ed è uno dei maggiori fattori di inquinamento atmosferico.

La bellezza e l’importanza di certe parole si eclissano dietro una luna “sinistra” ed esse perdono il loro suono, la loro preziosità, unicità, spessore, assieme a chi le pronuncia.
Non sto parlando di retori ma di poeti. Di poeti di ogni arte e scienza.

giovedì 8 ottobre 2009

Eversore da strapazzo

C'erano una volta le Brigate Rosse. Un manipolo di uomini che sequestravano magistrati, sparavano e credevano di fare la rivoluzione. I loro volantini erano deliranti, conditi di attacchi allo Stato fascista e borghese. Nel loro vocabolario "fascista" andava bene per tutto, tanto che era confuso con "borghese". Personaggi invasati ma ben determinati, hanno trovato un avversario come lo Stato italiano che, sebbene sgangherato, ha retto alla prova. Polizia e Magistratura hanno fatto vincere lo Stato con le armi del diritto. Altro che stato fascista. Ma le BR non ci stavano, e il delirio ideologico arrivava fino al non riconoscere la validità dei Tribunali Italiani.

Tempi passati, grazie al Cielo. Ma oggi il Senso dello Stato di alcuni italiani sembra non essere cambiato più di tanto. Un signore che è Presidente del Consiglio ha dichiarato più volte che le sentenze dei Tribunali sono carta straccia, che lui se ne fa un baffo. E oggi il Lodo da lui voluto, che lo proteggeva dall'essere processato per corruzione, è stato bocciato. Bocciato due volte: per vizio procedurale, perché la legge era di stampo costituzionale e andava votata con un iter differente da quella ordinaria, e vizio sostanziale, poiché la Corte è entrata anche nel merito osservando che c'è una palese violazione dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Ma il Nostro non si è certo accontentato di accettare un nefasto (per lui) ma prevedibile risultato.
Ha attaccato innanzitutto il Presidente della Repubblica, non si sa a quale titolo: egli aveva promesso che la legge sarebbe passata, come se la Giustizia fosse un accordo informale.
E il povero Napolitano, oltre ad essere stato ingiustamente attaccato, è stato anche sbugiardato dalla Corte, visto che egli è tenuto a valutare la costituzionalità di una legge ma anche, checché se ne dica, l'opportunità, visto che la Costituzione non specifica questa delimitazione nel suo ruolo (art.74 Cost.)

Poi il Nostro ha gradito fare paragoni di stampo calcistico "11 giudici erano di Sinistra". Posto il fatto che esistono giudici altamente conservatori che proprio per questo non avrebbero potuto accettare una simile "porcata" ad personam, resta sconcertante il fatto che una questione costituzionale di altissima portata si trasformi in un palco per risolvere i processi di corruzione di un imputato illustre, e che i Giudici siano considerati schierati politicamente. A tal proposito si potrebbe logicamente notare che se tutti i giudici che prendono decisioni che risultano avverse al Premier sono "di Sinistra" e per tanto sbagliano a priori, Berlusconi avrebbe "sempre ragione", e ciò si porrebbe in contraddizione con il fatto che tutti possono essere colpevoli di un reato, a meno di considerare Berlusconi un Faraone legibus solutus.

Gli Stati Moderni occidentali stanno prendendo una direzione diversa dal nostro potentato egiziano: misure per diminuire il debito pubblico, tassazione più equa e più efficiente, le liberalizzazioni degli scambi, i diritti "borghesi" agli omosessuali, le frontiere aperte al lavoro non criminale, il contrasto ai criminili internazionali economici e di terrorismo, la liberalizzazione dell'informazione, il ricorso all'energia pulita, il rispetto della concorrenza di mercato e degli antitrust, la valorizzazione dell'Istituzione Scolastica come veicolo di formazione umana.
Da noi non c'è tempo per uniformarsi all'Europa, tranne quando si tratta di esaltare il mondo occidentale solo nelle sue manifestazioni più becere (Calderoli ahimè non fa parte di una tribù africana ma del governo peninsulare). Possiamo tranquillamente amalgamarci allo Stato comunista della Corea del Nord, o alla dittatura militare birmana. Ma con un impronta tutta occidentale: il nostro eversore ha la faccia del pagliaccio di McDonald, e, pur essendo a capo dell'Esecutivo è al tempo stesso un contestatore da barricata. Per i nostalgici del "mitico" 1968, s'intende.

mercoledì 7 ottobre 2009

Pensiero brevi Nanu

Questo blog non spera in un repulisti, o meglio ci spera ma non lo prevede affatto. 

Siamo di gran lunga felici, in ogni caso,  che sia stata riconosciuta la nostra pari dignità di fronte alla legge rispetto ai nani e le ballerine che infestano i palazzi di potere.

Ovviamente la sentenza è politica, come ha tenuto a precisare il noto costituzionalista Paolo Bonaiuti Diociaiuti, ma non ce ne fotte una beneamata mazza. Certo che, se qualche giornalista avesse ricordato a Bonaiuti Diociaiuti che due dei membri della Consulta, una bella sera d'estate, avevano gustato alfani alla panna e lodi in salsa rosa a cena insieme al premier e a colui che ha gentilmente prestato il suo cognome da gangster al Lodo non più lodo, anche la categoria che Orson Welles ebbe giustamente a definire "Quarto potere" ne sarebbe uscita con gloria. Ma dubitiamo che Orson Welles abbia mai assaggiato dei Minzolini allo scoglio, per esempio, o un bel piatto di Feltri alla calunnia e di osservatori romani senza dio ma con molte puttane di contorno. Avrebbe precisato che si trattava di un film sui giornalisti coi coglioni.

Da noi il quarto potere è rappresentato da un quadripode: Vespa, Feltri, Ferrara, Belpietro. Mario Giordano ed Emilio Fede in panchina, Minzolini allenatore e Pigi Battista presidente ormai dimissionario - poco tempo fa si era giocato la carriera in diretta TV - a Omnibus La7 - qualora il Lodo Balzano non fosse passato. Dai Pigi, forza e coraggio chè di Lodi non è morto mai nessuno.

A parte, s'intende, il diritto. 

Lo strano caso di Silvio B

Ho saputo che sarà a breve in edicola un romanzo favoloso. Da consigliare a tutti i miei concittadini, “Lo strano caso di Silvio B” sarà presto anche un film in quattro puntate. Secondo indiscrezioni di corridoio, sarà Michele Placido a interpretare Silvio B, mentre Ennio Fantastichini e Remo Girone vestiranno i panni degli autori del libro e co-protagonisti. Sono gli avv. proff. Onn. Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini, esimi giuristi che hanno deciso di dar vita a un capolavoro a quattro mani che il ministro Brunetta ha subito benedetto dal basso: “Stavano per darmi il Nobel per l’economia, ora Niccolò e Gaetano, oppure Sandro Bondi e le sue poesie, chissà, potranno vendicare me e abbattere finalmente il culturame parassitario della sinistra, per troppo tempo padrina padrona dello scibile umano”.

Vi propongo in anteprima un estratto del libro, di cui ho in segreto avuto copia da uno che conta molto, lì ai piani alti. Eccolo:

"...Non è possibile rivestire la duplice veste di alta carica dello Stato e di imputato per esercitare appieno il proprio diritto di difesa e senza il sacrificio di una delle due..."; “Il premier è stato eletto dal popolo (nella storia, la menzogna fa parte di un accorto gioco degli specchi relativo a un processo a carico di Silvio B, n.d.r.); dunque è primo super pares”.

 

Un libro esilarante, spietato, a volte di parte, ma ironico e grottesco al punto da farti saltare su una sedia per gridare la tua disperazione. A me, per esempio, è capitato di affacciarmi alla finestra, in pieno giorno, e di urlare con i vicini radunati per desinare a dieci metri da me: “Domani spezzerò le reni a San Marino!”. Occhio alla reazione, quindi, ma vi garantisco che c’è di che gioire.

 

In allegato, durante il primo mese di vendita, sarà omaggio della Mondadori la ristampa del capolavoro di George Orwell, scritto nel 1946. “La fattoria degli animali”, coi maiali primi inter pares, è l’antesignano del master di Ghedini e Pecorella, e non posso esimermi dal proporre un estratto anche del genitore naturale dello “Strano caso di Silvio B”.

A pag. 20 vengono snocciolati i Sette Comandamenti della fattoria, il quarto e il sesto recitano rispettivamente: “Nessun animale dormirà in un letto” e “Nessun animale ucciderà un altro animale”. Poi, a pag. 56: "Improvvisamente i maiali si trasferirono in pianta stabile nella casa colonica...ancora una volta, agli animali parve di ricordare che un tempo era stata votata una mozione contraria, ma, ancora una volta, Piffero riuscì a convincerli che le cose non stavano così. Era indispensabile, dichiarò, che i maiali, cervello della fattoria, disponessero di un posto tranquillo dove lavorare...Tuttavia qualche animale rimase turbato quando apprese che...i maiali dormivano nei letti...Trifoglio, a cui sembrava di ricordare un divieto assoluto riguardo ai letti, si recò in fondo al granaio e si sforzò di decifrare ciò che era scritto nei Sette Comandamenti...Andò a chiamare Muriel...Muriel iniziò a sibilare..."Dice cosi: Nessun animale dormirà in un letto CON LE LENZUOLA"...Stano davvero. Trifoglio non ricordava che il Quarto comandamento menzionasse le lenzuola”.

Di seguito, siamo a pag. 75, la chicca: "Pochi giorni dopo, quando il terrore provocato dalle esecuzioni si fu attenuato, alcuni animali ricordarono, o credettero di ricordare - che il sesto comandamento imponeva: "Nessun animale ucciderà un altro animale"...Trifoglio (chiedendole di leggerle il sesto comandamento, n.d.a.), andò a cercare Muriel. E Muriel le lesse il comandamento. Diceva: "Nessun animale ucciderà un altro animale SENZA MOTIVO". Strano a dirsi, le ultime due parole erano sfuggite di mente agli animali”.

Niente male, non è vero? Comperate gente, comperate. Sono entrambi editi da Mondadori, per puro caso di proprietà proprio di colui cui è attribuibile, sempre secondo le voci di corridoio, la vera identità di Silvio B, il primo super pares che pare abbia corrotto un giudice per accaparrarsi la casa editrice. Ma quella è una storia inventata.

martedì 22 settembre 2009

Maccaroni Sentimental Movie

Gli ultimi giorni sono stati una manna per i nostri politici e buona parte del popolo italiano. Piagnistei, bambini, grandi parole, squilli di tromba, il tutto sulla pelle di sei morti. Le occasioni per la retorica strumentale, si sa, sono come il porco: non si butta via niente.
E la cosa più confortante è stato il ricordo di quando i nostri parlamentari vennero intervistati da "Le Iene" e si lanciarono in sfrondoni da seconda elementare.
Ecco, tieniamo a mente che costoro sono quelli che voteranno il rifinanziamento dell'azione in Afghanistan, senza neanche sapere dove sta e come si pronuncia.

Mentre una parte degli Italiani si affannava a definire Eroi sei poveri ragazzi che sono saltati in aria senza aver tempo di compiere un gesto, dimostrando grave spregio per il lessico (gli Eroi fanno gesta straordinarie, non il proprio dovere), l'altra parte non poteva certa dimenticare di essere italiana.
Il melodramma, nel Belpaese, è una costante. Chi di voi non ha in mente, oltre la pizza, i funerali "alla napoletana" dove la vedova vestita di nero si getta addosso alla bara parlando un linguaggio irriconoscibile?

E allora via al fiorire di gruppi conditi dalle più allegre stupidaggini: "Le vere missioni di pace non sono fatte da Soldati (...) le armi più potenti che portano con loro sono un antibiotico e il sorriso".
La missione in Afghanistan è' una guerra di occupazione vera e propria, tra l'altro privata delle ragioni fondamentali per cui era iniziata., ma gli Eserciti non compiono solo guerre, ma missioni classificate diversamente a seconda degli obbiettivi. Nel gergo ONU ci sono missioni come il "peacekeeping", che ad esempio porta i caschi blu in Libano. Senza gli Eserciti sarebbe difficile e talvolta impossibile portare aiuti in paesi dove ci sono insurrezione e guerre tribali.
Come si separano due che si picchiano? Con un sorriso e un antibiotico? Il problema è poi se valga la pena o no separarli, ma questo è un altro discorso.

Un altro gruppo recita: "I veri eroi sono i caduti sul lavoro italiani e non , i magistrati che lottano contro la mafia , i volontari delle onlus (...) Io ho fondato un gruppo contro un parà morto e sono stato minacciato di morte e di essere pestato per questo da militari,fascisti e poliziotti . "
A parte la solita tiritera noiosa e impertinente con l'uso della parola "eroe", che fa vomitare anche quelli che hanno lo stomaco più peloso, e saltando la retorica dei caduti sul lavoro, che più che eroi sono vittime, quella dei Magistrati è la più divertente.
Magistrati coraggiosi e preparati ne abbiamo a iosa, e lo dimostra il continuo svillaneggiarli del nostro Presidente del Consiglio che, come ben noto, ha qualche problemino ad accettare il fatto che il codice penale non sia un catalogo scelte.
Ma la successiva assimilazione di militari, fascisti e poliziotti è grottesca.
Con chi viene combattuta giornalmente la Mafia dalle Procure? Chi li fa i verbali, chi fa gli arresti, i fermi, le indagini insieme alla Procura? La Polizia Giudiziaria, non Nonna Papera che convince i mafiosi con i biscotti appena caldi.

Ognuno, abbiamo capito, ha i suoi eroi, di cui non può fare a meno, come un bebè del proprio giocattolo. A dimostrazione del fatto che come Nazione non siamo mai cresciuti troppo.

giovedì 10 settembre 2009

Presidente senz'anima

Dispiace molto parlare nei termini di seguito circa il nostro Presidente della Repubblica, ma quel dono che ci viene dalla Resistenza chiamato libertà mi esonera da ogni scrupolo reverenziale. Mi permette, insomma, di pensare che siamo in presenza del peggior presidente della Repubblica da quando ho memoria (diciamo dall’ultimo Cossiga in poi). Egli rappresenta l’Italia, è vero, ma in una maniera assolutamente indegna, se è vero come è vero che nulla, del suo operato, sta andando in senso per così dire costituzionale. Sembra, al contrario, un pavido sostenitore della Pax istituzionale che ingoia ogni tipo di rospo pur di non turbare il manovratore. Chissà per quale recondito motivo, poi. Siamo in presenza, ormai da quindici anni, di una progressiva demolizione dell’apparato statale, inteso non in senso burocratico-amministrativo, piuttosto in senso giuridico-politico. Secoli di evoluzione dottrinale e filosofica, una guerra civile e qualche milione di morti ammazzati non bastano a Napolitano per metterci la faccia e chiudere, finalmente, la sua stagione del “dialogo” per aprire quella di una nuova Resistenza. Resistenza contro un nemico subdolo, delinquenziale, culturalmente mediocre e umanamente ripugnante.

Le “ultime” uscite del presidente hanno lasciato un gusto amarissimo in bocca. Da quel vile e maligno attacco al GIP Forleo che osò rispettare una legge scritta dai parlamentari per ottenere il permesso soltanto di indagare su cinque di loro, passando per la pilatesca indifferenza nei confronti del boicottaggio del CSM, di cui lui è presidente, a danno della procura di Salerno che aveva assolto, secundum legem, il PM De Magistris cui i suoi superiori di Catanzaro e il cosiddetto ministro Mastella avevano tolto i fascicoli dalla scrivania per poi cacciarlo illegittimamente. Passando per un’incomprensibile assenza di posizione sulla cena fra due membri della Consulta e il premier, oggetto nemmeno indiretto del Lodo Alfano la cui costituzionalità sarà valutata anche da quei giudici – con quale franchezza di giudizio, solo Napolitano lo sa. Passando ancora per il mancato rinvio alle camere di quel criminogeno decreto-sicurezza che andava abbattuto senza pietà e non spettinato col buffetto della letterina di fine anno al maestro, per finire con le ultime, vomitevoli uscite sulla percepibile – solo dal presidente - fiducia dei terremotati verso le istituzioni e la retorica, tediosa e vuota omelia indirizzata a quello stesso CSM in merito all’excusatio non petita del sempiterno premier riguardo le nuove indagini delle procure di Milano e, soprattutto, Palermo. Che poi, bugiardo o drogato qual è, ha confuso con quelle di Firenze e Caltanissetta.

Una serie destinata a impinguarsi sempre più intensamente per terminare, di grazia, nel lontano, lontanissimo 2013. Non me ne voglia, il presidente, ma lo credevo uomo determinato nella difesa di valori di cui si è sempre professato baluardo. I costituzionalisti più eminenti del paese insegnano che il dover essere “super partes” non equivale, non può equivalere a “silenzio”. Non può significare difesa del più forte che tutto può, perfino assolversi da solo per prescrizione. Non può voler dire accettazione supina del destino cinico che ci ha condannato a un governo di arroganti, ignoranti imbroglioni. La Carta di cui lui è garante, costata al nostro sconcertante popolo un agghiacciante bagno di sangue, afferma con forza la sua stessa intangibilità e la sua supremazia financo su di un miliardario, mi si perdoni il gioco, da quattro soldi.

mercoledì 9 settembre 2009

Tempi Moderni

Mentre il sempre più coraggioso e indipendente Vittorio Feltri sposta il mirino sul bersaglio numero due, tale Gianfranco Fini presidente della Camera, il PD adombra risvolti squadristi sul nostro paese per la seconda volta in meno di un secolo.

La matrice fascista, espressione ripetutamente evocata nei fottutissimi anni sessanta, settanta e ottanta tricolori anche quando un gatto si frangeva un artiglio, dell’ardito bis che l’ex Indipendente, ora Del-tutto-indipendente Vittorio ci ha regalato definendo Fini un “compagno…ridicolo”, secondo i Piddini sarebbe sottesa allo spartito da olio di ricino che la macchina da guerra berlusconiana sta suonando ormai da molti mesi, più o meno da quando si è reinsediata in Piazza Colonna.

Sei un giornalista? Continua a scrivere quel che ti pare, ma la nota informativa della polizia sulle tue abitudini sessuali…Sei laico? Fai quel che ti pare, ma non in Italia. Vuoi fare il PM senza pressioni? Fallo pure, ma attento a ciò che tocchi. Vuoi andare a puttane? Beh, questo si potrebbe pure fare, ma non per strada sennò ti faccio arrestare – sai com’è, la Carfagna sul punto non transige, odia le battone d’asfalto. Vieni a Palazzo Grazioli – lì, magari, la Carfagna in persona ti spiegherà ciò che pensa, absit iniuria verbis.

Che queste oscenità escano fuori oggi, a democrazia acquisita, dà di che pensare. Non vorremmo trovarci, fra qualche anno, nella paradossale condizione di dover riscrivere la Costituzione in senso fascista per difenderla dalla dittatura della maggioranza. Sarebbe seccante dover ammettere, per esempio, che non esiste più il diritto di espressione del pensiero perché c’è qualche Feltri di troppo in giro che calunnia la gente. Alla stregua di quei cartelli appesi alle spalle dei salumieri: “Per colpa di qualcuno non si fa più credito a nessuno”.

Non vogliamo che si torni fascisti, se non altro per il rischio di venire additati come comunisti. Ma allora, chi la difende, questa benedetta Costituzione? O meglio, chi gode ancora di un briciolo di credibilità tale da non risultare “ridicolo” (V. Feltri, cit., pag. 1 “Il Giornale”, 2009)?

Il PD non è credibile nemmeno quando va al bagno a cambiare segretario. L’attuale è il vice di quello che non voleva nominare Berlusconi perché l’avversario non va demonizzato. Il futuro, già all’opera come ministro dello sviluppo economico dal 2006 al gennaio 2008, cedette a ogni lobby immaginabile, perfino a quella dei tassisti, e delle sue fantomatiche liberalizzazioni è rimasto poco più dell’abolizione dei due euro di sovrattassa sulle ricariche telefoniche. E poi è sponsorizzato dal Berlusconi coi baffi. Marino, beh, Marino…Lo faranno fuori a colpi di Binetti, di cilicio e di cardinale Barragan, non ci speriamo nemmeno un attimo. Saremmo ridicoli noi.

Le istituzioni, dirà qualcuno, ma chi? Il presidente del Senato Schifani è il nomen omen per eccellenza, chi agogna un suo intervento è uno psicolabile. Quello della Repubblica auspica ogni tre ore che le forze politiche si diano una regolata; che si torni a respirare la Pax istituzionale. Che prevalga il dialogo e che si abbassino i toni. Che la Resistenza è un valore da tramandare e che la lotta al nazismo fu giusta, anche se ieri 8 settembre, a differenza di ciò che ha affermato Napolitano, non si ricordava alcuna vittoria né alcun eroismo, ma il tradimento di un predecessore di Napolitano e del suo badoglio nei confronti di alcune migliaia di inermi ventenni fatti soldati e lasciati crepare sotto le sventagliate di mitra di quelli che credevano alleati. A Napolitano, della Costituzione interessa ben poco se è vero come è vero che permette, senza colpo ferire, che venga coperta di sterco ogni giorno che Dio ci dona. E guai a rimandare una legge alle camere. La cestinatura del Decreto Legge “Anti-Englaro” basta e avanza per i fan di Ponzio Pilato.

Rimane Fini. O meglio, rimarrebbe, perché al di là delle frasi da cerimonia che ne sottolineano la maturazione a vero uomo di stato dopo i ruggenti anni di piombo, qualcosa di non proprio limpido, in lui, rimane. Ci sarebbe da chiedergli, per esempio, come mai abbia avallato sì scelleratamente quell’infinita serie di leggi-vomito proposte da Prescrittolo, puntellate dal “Ghedini o dal Ghedoni di turno” (M. Gasparri, cit., “Breviario Comico”, 2009) e deliberate da Forza Italia, UDC, Lega e AN compatte come non mai durante la più lunga ed emozionante epopea di un governo nazionale, la Legislatura 2001-2006.

Ci sarebbe da ricordare a Fini che, in pieno governo Prodi II – 10 dicembre 2007 - , così parlò di Prescrittolo: «...Almeno per me, non esiste alcuna possibilità che Alleanza nazionale si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi, del quale non si capiscono valori, programmi, classe dirigente. Non ci interessa la prospettiva di entrare in un indistinto partito delle libertà…Lui che adesso accetta di discutere sulla legge elettorale, ci ha risposto senza rispetto e quasi sfidando il ridicolo ci ha detto 'ho fondato il Pdl, scioglietevi, bussate, venite e vi sarà aperto...' comportarsi in questo modo non ha a che fare con il teatrino della politica, significa essere alle comiche finali».

Puntuale come uno swatch, Fini si rialleò con Presrittolo dopo il lavoro sporco del non più compianto senatore Mastella, per poi concludere il suo zigzagare sul più alto scranno di Montecitorio da dove ora, gli va riconosciuto, tenta di salvare il salvabile. Come storia comanda, da amico – anche di Feltri che auspicava lui a Palazzo Chigi e il padrone al Quirinale – Fini si è trasformato in uno dei più pericolosi sovversivi del potere. Solidarietà al Fini di oggi, dunque, colpito a tradimento anche dai suoi colonnelli (benchè parlare di Gasparri come di un colonnello potrebbe integrare il reato di oltraggio all’intero Esercito Italiano).

Ma chi di spada ferisce…Che dire, per esempio, della risposta di Fini a Di Pietro il 14 maggio 2008, mentre l’ex PM, durante il dibattito sulla fiducia al nuovo governo, veniva interrotto a ripetizione e reclamava il diritto di parlare? Quella dichiarazione, “…è naturale (che la interrompano), e poi dipende da ciò che si dice” fece tornare in mente Alfredo Rocco buon’anima che ammoniva un di lì a poco assassinato Giacomo Matteotti nel lontano 1924: “Se Ella vuole parlare, continui, ma prudentemente”. E che dire dei suoi attacchi ad Annozero, definito più volte “indecente” sol perché, invece di abbracciare un peluche che gli ricordava l’infanzia, l’inviato di Santoro cercava di capire e far capire ai telespettatori come mai, a fronte di una magnitudo simile al terremoto che colpì Marche e Umbria nel 1997, dodici anni dopo in Abruzzo non siano morte quindici, ma trecento persone?

Fini, insomma, ne avrebbe di cose da spiegare, così come il PD che ammonisce sul rischio di un ritorno al futuro squadrista non risulterebbe credibile a un rinoceronte ubriaco. Effettivamente, però, quel rischio non è solo pane per i retori della sinistra. Il rischio esiste in concreto perché oggi, come ampiamente dimostrato dai casi De Magistris, Forleo, Santoro, Biagi, Luttazzi, Boffo e molti altri meno famosi, un Amerigo Dumini e la sua squadraccia di picchiatori non servono più. Il metodo è quello classico, come per i migliori produttori di champagne: faccio finta di tollerare, e subdolamente ti distruggo l’esistenza. Solo l’arma è diversa: non più rudimentale come un manganello, ma spietatamente moderna.

E poi si dice che siamo un paese arretrato.

domenica 21 giugno 2009

De Gasperi, l'ultimo statista

(ANSA) - ROMA, 20 GIU - I governanti d'Italia e del mondo, 'specialmente' i cattolici, abbiano sempre a 'incoraggiamento e stimolo' la figura di Alcide De Gasperi. Nell'udienza alla Fondazione De Gasperi, presenti la figlia Maria Romana e Giulio Andreotti, il Papa ha ricordato la figura dello statista (di cui e' in corso la causa di beatificazione). 'Seppe -ha detto- prodigarsi per il bene comune', fu 'docile e obbediente alla Chiesa, ma autonomo e responsabile nelle scelte, senza servirsene per fini politici'.

Il Papa si sbaglia. De Gasperi era un politico squisitamente laico, oltre essere un uomo di Stato e dotato di un eleganza e di un piglio decisionista non da poco. Gli fu rifiutata persino udienza dal Papa per l'anniversario di matrimonio e lui ebbe a dire parole bellissime, che dovrebbero essere scolpite nelle menti di un politico credente ma veramente laico.
La presenza di Andreotti, sopra il quale la sentenza per mafia ancora aleggia, era prevedibile ma penosa: il portaborse che, come ricordava Montanelli, in Chiesa, anziché con Dio parlava con il prete. Piccola parentesi: De Gasperi aveva vissuto per anni in Austria ed era stato parlamentare nell'impero Austro-Ungarico. E fu fatto fuori dai professorini democristiani che erano dei capponi, direttamente usciti dalla parrocchia. Chi lo rivendica come padre spirituale compie un errore ed un'ingiustizia. Per gli ex-DC (da Franscechini a Pisanu), Aldo Moro va già più che bene. Ai funerali di De Gasperi ci fu un tale che aveva capito tutto il quale urlò: De Gasperi non è di voi democristiani, è di noi italiani. Raro esempio di cittadino saggio.'

mercoledì 29 aprile 2009

Si crede De André, ma è solo Morgan

Sembra già eccessivo dedicare tanto tempo ad un personaggio del tutto mediocre. Ma la TV ha il potere di amplificare i nani e di spiaccicare i giganti. Musicista dotato, compositore mediocre.
La musica dei Bluvertigo può anche piacere, ma certo non sembra proprio musica capace di assurgere "l'uomo" al rango di Genio. Che abbia una gran cultura si sa, d'altronde non fa altro che inondare l'ascoltatore con perle di saggezza provenienti dalle più svariate branche dell'umano scibile. Naturalmente anche quando incorre in inesattezze o sfrondoni è inutile farlo notare. Gli italiani hanno sempre bisogno del loro "duce" che ha sempre ragione, poco importa si chiami Morgan o Berlusconi.
E' il classico radical chic con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra. Critica la televisione che non fa programmi abbastanza "culturali" e poi è nella giuria di un programma di musicale mediocre. Basti pensare che "A te" di Jovanotti è stata definita la più bella canzone d'amore degli ultimi tempi mentre la giuria annuiva soddisfatta. (In realtà un'accozzaglia di accordi e parole melense che Checco Zalone ha demolito con un intelligente piglio anti-intellettuale). Critica la società che bada "solo ai soldi" e poi se ne va in giro con delle proto-veline.
Si crede De André invece è solo Morgan. De André, infatti, sebbene rappresenti forse l'impersonificazione di uno dei tarli culturali del nostro paese, viveva le sue canzoni.
Era quello che cantava.
Morgan è un ragazzo senza dubbio intelligente, non lo si può negare, ma negli ultimi anni sembra aver completamente perso il senso del reale. Solitamente quando uno cresce abbandona le pose e lascia spazio alla sostanza anziché alla forma. Morgan ha fatto esattamente il contrario. Più che dotato di sex-appeal, potremo dire che è dotato di ex-appeal. Nell'immaginario collettivo femminile rappresenta l'alternativa al calciatore che si fidanza con la velina, capace di leggere libri e poi vomitarli addosso all'ascoltatore, che, invece di pulirsi la faccia accoglie il vomito con gaudio. Alternativa che in fondo è l'altra faccia della medaglia dello spettacolo: molta pubblicità, poca arte.

venerdì 24 aprile 2009

Montanelli e la carenza di liberalismo

A cent'anni dalla nascita di Indro Montanelli (Fucecchio 22 aprile 1909, Milano 22 luglio 2001) varie trasmissioni televisive e giornali hanno dedicato dei momenti al grande giornalista scomparso ormai quasi 8 anni fa, ma che ancora continua a far parlare di sé. Anno Zero, il programma televisivo di Michele Santoro, gli ha dedicato un'attenzione particolare lasciando la parola a molti giornalisti che hanno avuto la fortuna di lavorare con lui o di rubargli il posto al Giornale. A parte alcune inesattezze da parte di Gad Lerner e di falsificazioni ad opera di Belpietro¹ , ci si dovrebbe concentrare su uno degli aspetti in assoluto più trascurati nella storia montanelliana.

Nella trasmissione, e in generale dappertutto, sembra ormai d'obbligo separare i "due Montanelli", quello pre-Berlusconi, e quello post-Berlusconi. Le forze non-berlusconiane, di cui fa parte un pezzo della ex-Sinistra dimentica il primo o parla di "pentimento", mentre le forze berlusconiane, non potendo nascondere, lo considerano un disturbato che da giovane predicava bene e poi, quando si materializzò una Destra moderna e democratica, impazzì. Ognuno, formalmente, tenta di tirare il cadavere di un giornalista dalla propria parte politica, in un'operazione che Montanelli avrebbe chiamato "il mercato dei morti".

Montanelli divise e continua a dividere appunto per questo. Un anticomunista dichiarato e feroce, sebbene molto corretto e tollerante verso chi non la pensava come lui e con uno modo tutto "anarchico" e anticonformista di stare dall'altra parte del Muro di Berlino, litiga con il suo editore e non vuole supportare la sua battaglia "anticomunista", contro un comunismo che nel 1994 non esisteva più²

Montanelli ha sempre rivendicato la sua appartenenza ideale al liberalismo conservatore di stampo europeo. Molti italiani non sono in grado di capacitarsi però della differenza tra appartenenza ideale e appartenenza politica. La prima non implica per forza la seconda, specie se si pensa che quella forza politica che si appiccica un nome addosso, con quelle tradizioni non abbia nulla a che fare.

Con gli occhi e le orecchie spurgate dall'ideologia, si capisce invece che Berlusconi e la sua banda, con la tradizione liberale e conservatrice non abbiano nulla a che fare. Montanelli, Giovanni Sartori, Peter Gomez e Marco Travaglio, Beppe Severgnini, provengono tutti dalla stessa scuola di pensiero, piuttosto liberista in termini economici, liberale in termini di libertà di pensiero e di interpretazioni storiche, occidentalista nella politica estera, e piuttosto conservatrici nel campo della Legge e dell'Ordine Pubblico. Possiamo in quest'ambito prendere come riferimento l'ex Procuratore di Torino Marcello Maddalena, che collaborò anche alla Voce montanelliana.

La vicenda di Montanelli può essere presa però a pretesto per discutere un problema ben più grande: la mancanza di cultura liberale nell'informazione, così ben radicata in Occidente, specialmente nei paesi anglosassoni. Mentre Montanelli spegne, dall'alto, le sue cento candeline, probabilmente osserva il profondo provincialismo del popolo italiano, che ignora ancora, dopo tanto tempo, di far parte dell'Occidente, e dell'Europa. Ma questa è un'altra storia.

¹A proposito dell'anticomunismo di Berlusconi possiamo ricordare che egli, un anno prima della caduta del Muro, sebbene editore del Giornale, firmava un patto tra l'Unione Sovietica e la Fininvest, ottenuto forse grazie all'aiuto di alcuni amici del PCI. Senza considerare l'attuale amicizia con Putin, Gheddafi, le manovre economiche, l'idea di libera stampa tipo Pravda, ecc.

²Belpietro durante la trasmissione ha fatto bene a ricordare Montanelli che se la prendeva con l'invadenza della magistratura e invitava a cambiare la Costituzione. Ma naturalmente non c'è stato tempo per approfondire il dibattito perché bisognerebbe leggere cosa scriveva Montanelli a proposito delle iniziative di creare una repubblica semipresidenziale: In Francia solo De Gaulle era tagliato per un posto del genere, e in Italia abbiamo solo il comunista e il democristiano e con questi dobbiamo fare i conti. Inoltre, sull'invadenza della magistratura Montanelli si pronunciava soprattutto ai tempi della "giurisprudenza alternativa" di MD, quando la corrente delle toghe si proponeva in pratica di forzare la legge e la legislazione per la Causa comunista, non certo quando Mani Pulite tentò, senza riuscirci, di ripulire l'Italia dalla corruzione.

giovedì 16 aprile 2009

Il soliloquio di Dio

Il Vaticano non vuole che Caroline Kennedy, figlia di JFK, diventi ambasciatore USA presso la "Santa" Sede. Benchè avvocato, di famiglia cattolica - l'unica che ha comandato l'America - e scrittrice, Caroline è troppo liberal, favorevole alla libera scelta in tema di staminali, aborto, eutanasia. Dunque "non è la persona adatta per dialogare con la Chiesa sulle questioni eticamente sensibili".

Ma se si rifiuta il dialogo con chi la pensa diversamente, con chi si dovrebbe dialogare? Cristo accennò a una risposta, quando disse che "il sano non ha bisogno del medico, ma il malato sì". Risposta poco fattibile. Meglio pensare al dialogo con un omologo americano del referente italiano della "Santa" Sede, Gaetano Quagliariello. Un luminare della scienza etica applicata alla politica, un consumato radicale che sa vendersi al nemico, dando dell'assassino a Beppino Englaro dopo aver combattuto per anni per lo stesso diritto che Englaro è riuscito a far affermare. Col vecchio Quaglia sì che bisogna dialogare.

E con chi, sennò? Con una donna-intelligente-erudita-libera-pacifista? Non scherziamo, la Chiesa adora i maschi da riporto.

venerdì 10 aprile 2009

Ma sono gli elettori ad essere schiavi dei partiti

In questi giorni di terremoto, dove i partiti hanno fatto a gara per accaparrarsi un po' di voti, la televisione un po' di ascolti e gli sciacalli un po' di "formaggio", sulla pelle dei morti, un grande evento politico che ha lasciato un morto per la strada ci ha lasciato completamente indifferenti. Forse perché atteso. E' la morte di Alleanza Nazionale, che si è fusa ufficialmente con il sedicente Popolo delle Libertà. Alla favolosa festa è stato proiettato un mosaico divertente e scombiccherato dove campeggiava anche Giorgio Almirante, che fu segretario dell'MSI. Dall'esperienza che nasceva dai dieci punti di Verona e si rifaceva alle parole di Mussolini sul "socialismo nazionale che non è nazionalsocialismo" , l'MSI di strada ne ha fatta molta. Fino ad anni recenti è rimasto la bestia nera: i suoi voti erano conteggiati ma nella pratica non contavano perché "anticostituzionali". Una patacca che poteva esistere solo in Italia, ma che consentiva alle Sinistre di disperdere i voti che non andavano a loro. Poi, dopo la svolta di Fiuggi che vide protagonisti il colto professor Domenico Fisichella e un rampante Gianfranco Fini, l'MSI venne sdoganato da Silvio Berlusconi. Durante tutta questa strada fatta di curve, l'MSI ha perso qualche pezzo fino a fondersi con Forza Italia. La sua morte era già annunciata da un pezzo: in cinque anni di governo non si erano sentiti che flebili vocine contrarie alla politica berlusconiana e tutte provienti al massimo da UDC e Lega, fino all'imbarazzante spettacolo dei rappresentati di AN che votavano la Devolution leghista sventolanto grottesche bandierine italiane alla Camera.
Ma gli elettori non sembrano essersi accorti di tutto questo, come non sembrano essersi accorti della stessa evoluzione della Sinistra: Berlinguer non scalava le banche, ma se ne andava dismesso fra gli appalusi dei cortigiani, che egli disprezzava profondamente. E oggi qualcuno lo appaia a D'Alema, con sprezzo del ridicolo.
Gli elettori non sembrano essersi neanche accorti di come possano convivere degli elementi che provengono dal PSI di Craxi e l'MSI di Almirante, che questi ultimi accusavano di ladronerie con un linguaggio che oggi definirebbero minimo minimo "comunista", tanto per abusare un po' di questo termine ormai privo di significato.
Gli elettori non si sono neanche resi conto di come sia stato possibile far alleare con Berlusconi la Lega, che dieci anni fa usava un linguaggio talmente esagerato persino per gli antiberlusconiani militanti, e sosteneva, insieme all'MSI, le Procure di Mani Pulite.
D'altronde anche l'Italia dei Valori soffre di un certo equivoco da parte degli elettori. Fondata da un ex poliziotto (commissario di P.S.) ed ex magistrato che viene da una famiglia modesta e ha il figlio anch'esso in Polizia, oggi sembra peccare di "comunismo", come ogni cosa che non si piega all'adorazione senza riserve di Berlusconi.

L'elettore medio forse si accontenterà di una banale spiegazione: il potere corrompe tutti. Parzialmente vero. Ma è anche vera un'altra sconcertante verità: In italia sono i partiti che impongono la linea ai propri elettori, non gli elettori che, in base ad una serie di bisogni, di convinzioni, di aspirazioni, controllano e indirizzano i loro rappresentanti. Tutto il contrario di quello che succede nel resto del mondo democratico, e che mette in risalto la nostra spiccata tendenza al servilismo.
Fanno eccezione forse la Lega Nord e l'Italia dei Valori, partiti più radicati nel territorio.
La perdita della preferenza nel voto nazionale non è duque che l'effetto del comportamento dell'elettorato, cioè dei cittadini. Ma ci vorranno altri cinquecento anni di Unità per rendercene conto, e forse allora, tra secessionismo e terremoti non saremo più neanche l'Italia di una volta.

Tanti anni fa una persona usava queste parole nei confronti della partitocrazia: "Fuori dalla vera legittimità costituzionale si pongono quei partiti che rifiutano di attivare gli articoli sociali della Costituzione, che interpretano in maniera distorta l’articolo 49 e dal pluralismo fanno nascere il mostro che si chiama partitocrazia. Penso e affermo che fuori della Costituzione siano quei partiti che lottizzano in termini di potere e quindi di arbitrio la libertà di informazione attraverso il mezzo radio-televisivo".
Un comunista in vena della solita polemica? Un dipietrista antipatico che ci annoia con i soliti sermoni? Un massimalista della sinistra radicale (termine che tanto piace al TG1)?
No, era Giorgio Almirante, intervistato tanti anni fa.