L’espressione di un pensiero perde sempre più di valore nel nostro quotidiano. Urla, schiamazzi, gente che blatera, gente che si sente in diritto di dire dovunque e comunque ciò che pensa. Voci inconsistenti che si mescolano in un’aria già inquinata tentando di acquistare volume, corpo e degenerando invece in una massa incorporea priva di calore e colore ma assolutamente presente.
Rumori, non suoni. Ma il rumore può forse essere un suono? Chiaramente lo è. Diremmo quindi che il suono della contemporaneità è il chiasso prodotto da individui che sublimano l’aria dei loro polmoni in espressioni prive di melodia e buon gusto. Un coro che con il passare del tempo sta diventando sempre più fastidioso e purtroppo nocivo. E’ il cosiddetto coro della democrazia ed è uno dei maggiori fattori di inquinamento atmosferico.
La bellezza e l’importanza di certe parole si eclissano dietro una luna “sinistra” ed esse perdono il loro suono, la loro preziosità, unicità, spessore, assieme a chi le pronuncia.
Non sto parlando di retori ma di poeti. Di poeti di ogni arte e scienza.
lunedì 12 ottobre 2009
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